François Rabelais, Gargantua e Pantagruele, 1542
Non trovando pane nei campi e sentendo ch'era chiuso in
città, fortezze, castelli, difeso e vigilato dagli abitanti con più cura
che non lo fossero dai dragoni i pomi d'oro delle Esperidi, inventò
l'arte e modo di demolire fortezze e castelli con macchine e ordigni
bellici: arieti, baliste, catapulte, delle quali ci mostrò le figure
assai male intese dagli ingegneri architetti discepoli di Vitruvio,
come ci ha confessato Filiberto de l'Orme grande architetto del re
Megisto. E quando quelle macchine non servirono più causa la
maliziosa sottigliezza dei fortificatori, ha inventato di recente,
cannoni, serpentini, colubrine, bombarde, basilischi, per gettare
palle di ferro, di piombo, di bronzo, più pesanti di grosse incudini,
mediante una composizione di polvere orrifica, dalla quale la
stessa natura è sbigottita e si confessa vinta dall'arte, tenendo in
spregio l'uso degli Ossidraci che, a forza di folgori, tuoni, grandini,
lampi, tempeste vincevano e mettevano a subita morte i loro
nemici in pieno campo di battaglia. Infatti è più orribile, più spaventevole,
più diabolico e più gente ferisce, spezza, rompe, uccide;
più stordisce i sensi umani, più muro demolisce un colpo di
basilisco che non farebbero cento fulmini. (Cap. LXI)
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